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ETF: fiscalità e minusvalenze

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La tassazione sugli ETF in Italia ha subito notevoli sviluppi negli ultimi anni. In questo articolo, esamineremo insieme gli aspetti più importanti che gli investitori devono considerare riguardo alla fiscalità degli ETF.

ETF: fiscalità e minusvalenze
 
  • Livello: Avanzato
  • Durata dell'articolo: 7 minuti
In seguito al recepimento della direttiva europea 2011/61/UE AIFM, nel 2014 il governo italiano ha effettuato delle importanti modifiche sulla fiscalità degli ETF. Uno dei principali interventi è stato quello di considerare tutti i proventi come reddito da capitale e le minusvalenze come redditi diversi ed allo stesso modo calcolare sia le plusvalenze che le minusvalenze sulla differenza derivante dal prezzo di vendita e del relativo acquisto.

Cosa ci si può aspettare da questo articolo

I regimi fiscali ed il ruolo degli intermediari

Il governo italiano ha previsto un aumento generalizzato dell’imposizione fiscale sui proventi derivanti dagli ETF, che dal 30 giugno del 2014 sono tassati al 26%. Ciò ha rappresentato un'importante semplificazione per gli investitori in ETF, in quanto prima di questa modifica, le plusvalenze venivano calcolate considerando sia il differenziale di prezzo che quello del NAV generando pertanto una doppia imposizione fiscale. Ora invece sia gli interessi, dividendi che le plusvalenze vere e proprie subiranno una tassazione del 26% per la parte maturata oltre il 30 giugno 2014. Due conseguenze importanti a riguardo:
  • in caso di vendita di una posizione in positivo di un ETF, la quota che viene maturata prima del 30 giugno 2014 subirà una tassazione del 20% mentre la parte maturata successivamente sarà soggetta alla nuova imposizione fiscale.
  • analogo ragionamento per quanto riguarda le minusvalenze: esclusivamente quelle maturate prima del 30 giugno 2014 potranno essere considerate ai fini della deducibilità.
Ricordiamo inoltre che la tassazione per la parte dei titoli di Stato italiani ed europei presenti in un ETF risulta invece al 12,50%. Gli investitori devono scegliere a quale regime fiscale aderire nel momento dell’apertura del rapporto con il proprio intermediario. Nel regime dichiarativo gli investitori riceveranno i relativi proventi al lordo dell’imposizione fiscale e dovranno calcolare in maniera autonoma e dichiarare tali proventi in sede di dichiarazione. Nel regime amministrato invece gli intermediari entrano in gioco semplificando notevolmente la vita agli investitori. Infatti, gli intermediari in questo regime operano come sostituto d’imposta accreditando all’investitore il provento al netto della relativa tassazione.
Risulta evidente che il regime dichiarativo risulta più impegnativo per l’investitore in quanto dovrà calcolare in maniera autonoma la tassazione da versare ma allo stesso tempo l’investitore avrà una maggiore ottimizzazione fiscale nel dichiarativo in quanto l’applicazione dell’imposizione fiscale avverrà in un momento successivo, oltre ad una modalità di calcolo differente che però esula dall’oggetto del nostro articolo.

Tassazione e adempimenti nei due regimi 

Regime dichiarativo Regime amministrato
Proventi al lordo delle tasse Proventi al netto delle tasse
Compilazione dichiarazione dei redditi Intermediario opera come sostituto d'imposta
Adempimenti a carico dell’investitore Nessun adempimento
Migliore ottimizzazione fiscale Pagamento delle tasse immediato
Fonte: Ricerca di justETF

ETF minusvalenze, perdite su azioni e compensazione con profitti sugli ETF

Ma come possono comportarsi gli investitori con le minusvalenze? In questo caso la questione diventa purtroppo più complicata. Il legislatore, separando i proventi e le minusvalenze in termini di definizione di reddito, ha reso impossibile la compensazione tra proventi di ETF (sia in termini di interessi che di plusvalenze) con le minusvalenze derivanti da operazioni in perdita con gli ETF.
La legislazione risulta sfavorevole anche agli investitori che hanno perdite su strumenti come singoli titoli azionari: anche in questo caso non sarà possibile effettuare la compensazione tra proventi derivanti da interessi e plusvalenze di ETF e minusvalenze azionarie. L’unica compensazione possibile sarà quella nel caso in cui vi sono delle minusvalenze derivanti da operazioni con gli ETF e delle plusvalenze con altri strumenti, come ad esempio singoli titoli azionari. In questo caso, le minusvalenze potranno essere mantenute fino a 4 anni successivi dalla perdita maturata.

Reddito di capitale e Redditi diversi a confronto

Reddito di capitale e Redditi diversi a confronto
Fonte: Ricerca di justETF
 

ETF a distribuzione e ad accumulazione: differenze fiscali

Abbiamo già menzionato come la pianificazione fiscale è un fattore molto importante per gli investitori, e gli investitori italiani devono sicuramente ragionare sulle importanti differenze che ci sono fra gli ETF che distribuiscono i proventi e gli ETF che invece reinvestono tali proventi all’interno del fondo stesso. Gli investitori in ETF a distribuzione vedranno la relativa cedola tassata (al 26% in caso di dividendo azionario, al 12,50% in caso di interesse derivante da titoli di stato governativi) mentre gli investitori in ETF ad accumulazione non subiranno alcuna tassazione per le medesime cedole reinvestite. È evidente che il regime fiscale italiano favorisce ad oggi gli ETF ad accumulazione, che potranno quindi godere del maggiore beneficio derivante dalla capitalizzazione degli interessi composti.
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