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2022 Performance of U.S. Scorecard Comparison Indices
Source: Spiva Report: www.spglobal.com/spdji/en/documents/spiva/spiva-us-year-end-2022.pdf, pagina 3
In una situazione in cui tutti i mercati sono in calo, anche gli indici che li replicano ottengono performance negative, c’è poco da fare.
Tuttavia, dovrebbero essere invece i gestori attivi a fare meglio, mostrando le loro abilità di scegliere i cavalli vincenti.
I fondi attivi di investimento hanno infatti lo scopo di cercare di superare i rendimenti di un indice di riferimento di mercato (come l'S&P 500 per il mercato azionario statunitense) attraverso delle strategie di gestione attiva.
Nello specifico, a differenza dei fondi passivi, che cercano di replicare semplicemente le performance di un indice senza apportare molte modifiche alla composizione del portafoglio, i fondi attivi sono gestiti da professionisti finanziari che cercano di selezionare i titoli e di prendere decisioni di investimento per ottenere risultati migliori rispetto all'indice di riferimento.
È infatti facile fare ottime performance quando tutto sale. Diventa invece più difficile quando il mercato scende. In questa situazione l’abilità di saper scegliere i migliori titoli fa la differenza.
Questo è anche il motivo per cui i costi di acquisto di un fondo attivo di investimento sono più alti rispetto a un classico ETF. Nel primo caso si dovranno infatti remunerare le abilità di un investitore che fa scelte specifiche cercando di battere il mercato.
Ad ogni modo, date queste premesse, viene quindi da chiedersi: i fondi d’investimento attivi saranno stati in grado di fare meglio del mercato azionario?
Per dare una risposta a questa domanda ci viene in aiuto la SPIVA Scorecard, uno studio fornito da S&P Dow Jones Index che misura le performance dei fondi a gestione attiva rispetto ai loro indici di riferimento in tutto il mondo.
Quello che emerge è che nel 2022 il 51% dei fondi che replicano le aziende a grande capitalizzazione statunitensi hanno sottoperformato il loro benchmark di riferimento. Questo può essere addirittura letto come un dato positivo se si guarda il trend storico.
Infatti, come vediamo dal grafico di seguito, nel 2021 a sottoperformare è stato 85% dei fondi.
Percentage of Large-Cap Domestic Equity Funds Underperforming the S&P 500 each year
Source: Spiva Report: www.spglobal.com/spdji/en/documents/spiva/spiva-us-year-end-2022.pdf , pagina 1
Le performance peggiorano se guardiamo le aziende a media e piccola capitalizzazione, dove, nel primo caso, il 63% dei fondi ha sottoperformato l' S&P MidCap 400, mentre nel secondo caso, a sottoperformare è stato il 57% dei fondi che replicano l’indice S&P SmallCap 600.
Che dire invece delle performance dei fondi a livello internazionale?
Anche qui i gestori attivi hanno fatto peggio dei benchmark di riferimento, con il 68% dei fondi attivi internazionali che ha sottoperformato il mercato. La percentuale si alza al 68% se si guarda ai mercati emergenti.
Questo è ciò che è accaduto nel 2022, ma quando si investe guardare solo un annata è sbagliato. L’orizzonte temporale è di medio-lungo termine ed è quindi su quell’intervallo di tempo che devono essere analizzate le performance.
I dati, anche in questo caso, non sono molto incoraggianti per i fondi attivi.
Come possiamo vedere dalla tabella seguente, in un anno circa il 50% dei fondi ha sottoperformato l’indice S&P Composite 1500, che combina al suo interno i tre indici principali, ovvero l'S&P500, l'S&P MidCap 400 e l'S&P SmallCap 600, coprendo circa il 90% della capitalizzazione del mercato statunitense.
I risultati peggiorano man mano che aumentano gli anni. In un periodo di 20 anni oltre il 90% dei fondi ha infatti ottenuto performance peggiori rispetto al benchmark.
Percentage of U.S. Equity Funds Underperforming Their Benchmackers (Based on an Absolute Return)
Source: Spiva Report: www.spglobal.com/spdji/en/documents/spiva/spiva-us-year-end-2022.pdf, pagina 9
Come vediamo, questo non accade solo per l’indice S&P Composite 1500, ma per la maggior parte degli indici.
Che dire quindi?
Sembra proprio che i gestori attivi, nonostante i costi più alti richiesti, non riescono a battere il mercato, che può essere invece facilmente replicato con un ETF che copre l’indice.
Quando viene chiesto ai gestori il perché di questi rendimenti, spesso la risposta che si ottiene è legata al rischio.
Affermano infatti di ottenere rendimenti minori, garantendo tuttavia meno rischi e volatilità. Hanno l'obiettivo quindi di sovraperformare l’indice aggiustando i rendimenti per il rischio.
Tuttavia, i dati mostrano un'altra storia: la stragrande maggioranza dei fondi ha risultati peggiori anche considerando questa metrica.
Negli ultimi 20 anni il 96% dei fondi di investimento ha ottenuto dei rendimenti aggiustati per il rischio peggiori rispetto all’indice S&P Composite 1500. Risultati simili si osservano anche con altri indici.Nello stesso arco temporale, dei 2253 fondi di investimento presenti due decadi fa, solo il 30% è riuscito a sopravvivere, gli altri invece sono stati chiusi o fusi tra loro. Vedendo quindi questi dati non sorprende che negli ultimi anni sono sempre di più i capitali che fuoriescono dai fondi attivi, con la stragrande maggioranza dei capitali che si è poi riversata sugli ETF. Ad incidere su questi rendimenti, oltre alla chiara abilità del gestore del fondo, sono, come visti prima i costi, che intaccano qualsiasi successo da parte dei gestori attivi. I fondi comuni di investimento addebitano infatti costi superiori all'1% annuo, rispetto allo 0,3% medio richiesto dagli ETF. Sul lungo termine questa differenza, che può sembrare minima, ha in realtà un impatto notevole. Questi dati non fanno altro che confermare che la scelta di costruire un portafoglio ben diversificato con gli ETF risulta essere quella vincente. Se non sai come fare ti consiglio di approfondire questi argomenti con i nostri articoli che puoi trovare nel nostro sito.