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5 principi fondamentali per investire in ETF

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In questo articolo parleremo di alcuni principi fondamentali che ogni investitore e risparmiatore non deve mai scordare quando investe in ETF

5 principi fondamentali per investire in ETF
 
  • Livello: Principiante
  • Tempo di lettura: 10 minuti
Ecco i temi che tratteremo oggi
Voglio subito dirti una cosa: iniziare a investire in maniera autonoma e consapevole è più semplice di quanto si possa pensare. Il mondo della finanza e dell’economia a volte è reso complicato apposta: sigle, numeri, grafici indecifrabili e persino lettere greche.
Tuttavia, nella realtà dei fatti, investire può essere veramente alla portata di tutti. O perlomeno crearsi quel bagaglio di informazioni fondamentali che, anche nel caso in cui volessimo affidare i nostri risparmi a qualcuno, ci permetterà di capire cosa ci sta proponendo e se questo sia giusto o meno per la nostra situazione.
Proprio per questo motivo, oggi parliamo di alcuni dei principi fondamentali che ogni investitore deve sempre tenere a mente durante tutta la sua vita da investitore. Si tratta di poche semplici regole da seguire, che nel lungo termine possono portare a ottimi risultati e, come detto prima, senza neanche uno sforzo eccessivo.
Partiamo quindi subito con il primo principio da ricordare.

Primo principio: La maggior parte dei fondi comuni di investimento non batte il mercato

Ne abbiamo già parlato molte volte... La realtà dei fatti, per quanto possa sembrare assurda, è questa: i fondi attivi non battono il mercato.
E non sono io a dirlo, ma anni e anni di studi e ricerche mostrano proprio questi risultati.
Lo studio più famoso è sicuramente quello di S&P Global, lo SPIVA, sigla di "S&P Indices Versus Active." Questo studio, dal lontano 2002, traccia anno dopo anno la performance dei fondi a gestione attiva comparandola con quella degli indici di mercato corrispondenti, ovvero analizza la percentuale di fondi gestiti attivamente che riescono a sovraperformare i loro rispettivi indici di riferimento su vari periodi di tempo.
I risultati parlano da soli: l’ultimo report del 2023 mostra che i fondi statunitensi che hanno fatto peggio dell’indice S&P 500 sono stati pari al 80% negli ultimi 3 anni. Questa percentuale sale all’87% in 10 anni e al 93% in 20 anni.
SPIVA US Scorecard Year-End 2023
Fonte: Spiva, al 01.07.2024
Qualcosa di molto simile lo si nota anche con i fondi europei. In un arco di 10 anni, ben il 98% dei fondi che replicano un indice azionario globale ha sottoperformato il proprio benchmark, come vediamo da questo grafico.
SPIVA US Scorecard Year-End 2023
Fonte: Spiva, al 01.07.2024
È vero, ogni 100 fondi ce ne sono 2 che sono stati in grado negli ultimi 10 anni di battere l’indice mondiale. Ma a priori, quindi 10 anni fa, sapere quali sarebbero stati questi fondi non sarebbe stato per nulla facile e inoltre in questo caso più che mai le performance passate difficilmente ci possono dire qualcosa su quelle future.
Questo perché i risultati positivi di questi fondi potrebbero essere stati generati in un brevissimo periodo di tempo, in cui noi non eravamo investiti. Magari durante un periodo di calo dei mercati in cui il fondo è stato in grado di scendere meno del proprio indice.
E da allora il gestore potrebbe non aver fatto altro che allineare il proprio portafoglio con il mercato cercando quindi di seguire il benchmark e in un certo senso vivere di rendita su quella sovraperformance iniziale.
Ad ogni modo, ciò che pesa molto su questi rendimenti sono indubbiamente i costi che sono richiesti.
Quindi, manco a dirlo, la soluzione è quella di affidarsi a strumenti che riducono di molto questi costi, parliamo di 10/20 volte tanto, come gli ETF, che ti permettono di ottenere le stesse performance degli indici, gli stessi che i gestori attivi sottoperformano, ma con costi molto ridotti.

Secondo principio: Non cercare di fare market timing

Passiamo ora al secondo principio fondamentale che ogni investitore a lungo termine in ETF deve sempre tenere a mente, ovvero quello di non cercare di fare market timing, cioè cercare di prevedere il momento migliore per entrare o uscire dal mercato con l'obiettivo di massimizzare i rendimenti o minimizzare le perdite.
In altre parole, chi cerca di fare market timing tenta di comprare asset (azioni, obbligazioni, ETF o altro) quando i prezzi sono bassi e di vendere quando i prezzi sono alti.
Sarebbe bellissimo poterlo fare, ma il problema è che nessuno è in grado di farlo.
Facciamo giusto un paio di esempi su ciò che è successo sui mercati negli ultimi anni.
Ci troviamo a maggio 2017 e l’indice S&P 500 è in rialzo di oltre il 150% dall’ottobre 2011. Guardando il grafico, vediamo una linea retta che va solo in una direzione: in alto a destra. Chi stava iniziando a investire in questo momento avrebbe potuto pensare che fosse il momento sbagliato per entrare. L’idea di chi fa market timing, ricordiamo, è quella di comprare ai minimi e vendere ai massimi. Questo era quindi il momento perfetto per vendere, non per comprare. E poi?
S&P500 2012-2017
Fonte: justETF Research, al 01.07.2024
E poi, nel giro di 7/8 mesi, l’indice ha guadagnato un ulteriore 5%.
S&P500 2012-2017
Fonte: justETF Research, al 01.07.2024
Questo è uno dei tanti casi che potrei riportare per mostrare come cercare di prevedere il mercato sia praticamente impossibile.
Basta, d’altra parte, vedere le stime che ogni dicembre gli analisti di Wall Street rilasciano sull’andamento dell’indice S&P 500 per l’anno successivo.
Parliamo di esperti pagati centinaia di migliaia di euro l’anno che fanno delle stime su cosa accadrà nei prossimi 12 mesi. Penserai: "ci prenderanno, no?" E invece no, la maggior parte delle volte queste stime sono totalmente sbagliate.
Nel lungo periodo la strategia vincente è quindi quella di stare costantemente investiti. Il principio qui da seguire è quello che in inglese viene detto “time in the market beats timing the market”, ovvero che mantenere gli investimenti a lungo termine è generalmente più vantaggioso rispetto a cercare di prevedere i momenti migliori per comprare o vendere.
A dimostrazione di ciò, una ricerca di JP Morgan mostra esattamente l’importanza di rimanere costantemente investiti nel mercato.
In breve, gli analisti di JP Morgan hanno dimostrato come un investimento di $10.000 nell'S&P 500 iniziato nel 2004, arrivato al 2023, se un investitore fosse rimasto investito per tutti i giorni, sarebbe cresciuto fino a $63.637 con un rendimento annuale del 9,7%.
Tuttavia, come mostra questo grafico, se avessi perso solo i 10 migliori giorni, il valore sarebbe sceso a $29.154 (un +5,5% annuo). Mancare i 20 migliori giorni avrebbe ridotto il valore a $17.494 (+2,98% annuo), e perdere i 60 migliori giorni avrebbe portato il valore a soli $4.179 (ovvero un -4,3% annuo).

Rendimenti dell’S&P 500

Rendimenti dell’S&P 500
Fonte: justETF Research, al 01.07.2024
Uno studio, questa volta di Bank of America, evidenzia che tra il 1930 e il 2020, il rendimento totale dell'S&P 500 è stato del 17.715%. Tuttavia, rimuovendo i 10 giorni migliori di ogni decennio, il rendimento complessivo sarebbe crollato al 28%, una riduzione del 99,8%.
Questi dati sottolineano una cosa sola: i rendimenti di cui sentiamo spesso parlare, quando si fa riferimento a un indice rispetto a un altro, sono stati ottenuti in pochissimi giorni e, visto che è praticamente impossibile sapere di che giorni si tratti, la soluzione migliore per non rischiare è quella di rimanere costantemente investiti.
Più semplice di così.
E se conosci qualcuno che è stato in grado di comprare ai minimi e vendere ai massimi, molto probabilmente si tratta di fortuna. Difficilmente sarà in grado di replicarlo costantemente in futuro, con un successo del 100%.
Basti pensare che Jim Simons, con il suo Medallion Fund, un fondo speculativo privato riservato a un gruppo ristrettissimo di persone, di cui si sa davvero poco su come operi se non che utilizza sofisticati modelli algoritmici per identificare inefficienze nei mercati finanziari, è riuscito a generare un rendimento medio annualizzato di circa il 66% prima delle commissioni e circa il 39% dopo le commissioni. Questo dal 1988 al 2018.
Perché ti sto parlando di questo fondo? Perché per ottenere questi risultati impressionanti gli è bastato avere ragione poco più del 50% delle volte. A dimostrazione di come nel lungo termine avere sempre ragione sui mercati sia praticamente impossibile.

Terzo principio: Il rendimento non è così importante come si crede

Passiamo ora al terzo principio. Il rendimento non è così importante come si crede.
Questo vuol dire che, prima di focalizzarsi sul perché un determinato ETF ha performance leggermente inferiori rispetto a un altro e se sia il caso o meno di cambiarlo, ci sono altri fattori che, all’interno di una pianificazione finanziaria complessiva, ha senso considerare.
Uno di questi è cercare di aumentare il tasso di risparmio, ovvero quanto mi resta in tasca dopo che ho sostenuto tutte le spese fondamentali.
Questo è un parametro fondamentale che va, per quanto possibile, incrementato per riuscire a investire via via di più e vedere nel tempo il capitale crescere.
Ad esempio, se si riesce a risparmiare un ulteriore 5% del proprio stipendio, questo si traduce in un importante incremento dei fondi che abbiamo per investire.
Supponiamo, ad esempio, che il nostro reddito mensile sia di 2000 euro e attualmente riusciamo a risparmiare il 10%, ovvero 200 euro. Vuol dire che i restanti 1800 euro vanno in spese varie.
Incrementando però il tasso di risparmio al 15%, avremmo 300 euro mensili da investire, il che, su un orizzonte di 10 anni, porta a una differenza sostanziale nel capitale accumulato grazie all'effetto dell'interesse composto.
Se però non riusciamo a lavorare sul lato del risparmio, allora dobbiamo lavorare sullo stipendio. Un incremento salariale, anche modesto, può avere un impatto significativo nel lungo termine. Ad esempio, considerando l’esempio di prima, se si ottiene un aumento di 200 euro al mese, ora lo stipendio passa a 2200 euro. Se siamo in grado di far rimanere le nostre spese costanti, in altre parole dobbiamo evitare di avere un'inflazione del nostro stile di vita, e i costi da sostenere restano sempre 1800 euro, ora riusciremo a investire ben 400 euro al mese. Il doppio di prima.
Questo può sembrare poco, ma 400 moltiplicato per il numero di mesi e considerando l'investimento di questi fondi aggiuntivi, può portare a una crescita notevole del patrimonio.
Ci sono ovviamente altri aspetti da considerare, come se sia opportuno o meno cambiare posizione lavorativa o azienda, ma dal punto di vista solo finanziario, un aumento anche di 100/200 euro al mese, a parità di tasso di risparmio, ha un ritorno molto maggiore rispetto a un prodotto che rende quel qualcosina in più.
Ad esempio, immagina di avere due ETF: uno con un rendimento del 5% e l'altro con un rendimento del 5,5%. Su un investimento di 10.000 euro, la differenza annua tra i due rendimenti è di 50 euro.
Tuttavia, se riesci ad aumentare il tuo risparmio mensile di 100 euro, avrai 1200 euro in più da investire ogni anno. Investendo questi 1200 euro, anche al rendimento inferiore del 5,5%, otterrai molto più valore nel lungo termine rispetto alla semplice scelta di un ETF con un rendimento leggermente superiore.
Con questo non voglio dire che cercare di massimizzare il rendimento sia sbagliato. Anzi… Questo va assolutamente fatto e il rendimento è ovviamente importante, ne abbiamo parlato nel principio 1.
Tuttavia, non sarà quello che darà lo sprint in più ai nostri investimenti.
Ovviamente stiamo sempre parlando di piccole differenze. Tutt’altro discorso sarebbe da fare se la scelta è tra un ETF e un fondo attivo che richiede 1%/2% di commissioni annue.
Investire i propri risparmi serve quindi principalmente per proteggere e far crescere il nostro patrimonio, non per costruirlo.

Quarto principio: La diversificazione è l’unico pasto gratis in finanza

Detto ciò, passiamo al quarto principio. La diversificazione è l’unico pasto gratis in finanza.
Giusto per ricapitolare quanto abbiamo finora detto: dobbiamo scegliere ETF con bassi costi, rimanere investiti il più possibile e, se vogliamo far crescere il nostro patrimonio, dobbiamo far sì che il nostro tasso di risparmio aumenti, o tagliando i costi o aumentando le entrate.
Dopo tutta questa fatica, dobbiamo però fare in modo di non perdere i nostri soldi.
Per fare ciò dobbiamo diversificare, in modo tale da ridurre il più possibile il rischio.
Quando parliamo di rischio dobbiamo sempre unirlo al rendimento.
L’obiettivo dell’investitore è infatti quello di massimizzare il rendimento a parità di rischio o minimizzare il rischio a parità di rendimento.
Ecco quindi perché la diversificazione è spesso descritta come l'unico pasto gratis nella finanza. Ci permette cioè di ridurre il rischio senza però sacrificare il rendimento.
Il rischio possiamo infatti dividerlo in due categorie: rischio sistematico (o di mercato) e rischio non sistematico (o specifico).
Il rischio specifico è associato a una singola azienda o a un particolare settore. Ad esempio, problemi specifici di una società, rischi legati a un particolare settore industriale o ancora problemi di liquidità o elevati livelli di debito.
Questo tipo di rischio può essere significativamente ridotto attraverso la diversificazione, permettendoci di distribuire il capitale su un ampio spettro di asset, settori e regioni geografiche, riducendo così l'impatto negativo che un singolo evento potrebbe avere sul portafoglio complessivo.
Il rischio sistematico è invece il rischio intrinseco al mercato e non può essere eliminato attraverso la diversificazione. Questo tipo di rischio è causato da fattori macroeconomici e globali che influenzano tutti gli investimenti in un mercato.
La scelta quindi di selezionare un indice da replicare che copra aziende e settori di tutto il mondo può essere un’ottima soluzione per ridurre il rischio non sistematico e migliorare di conseguenza il profilo rischio-rendimento del portafoglio.

Quinto principio: Scegliere lo strumento più adatto al proprio obiettivo

Arriviamo ora all’ultimo dei cinque principi, che è quello di scegliere lo strumento più adatto al proprio obiettivo. Ovvero, mettere insieme tutti i quattro punti visti fino ad ora.
Partendo dalla premessa che il mio obiettivo finanziario sia diverso dal tuo, non solo per orizzonte temporale, ma anche per la mia avversione al rischio, dal fatto che abbia o meno persone che dipendono direttamente dal mio stipendio e da tante altre cose.
Non esiste quindi un prodotto e, di conseguenza, una asset allocation adatta in assoluto e per sempre. Questa può infatti variare nel tempo e in base agli obiettivi di ciascuno di noi.
Detto questo, però, ci sono delle linee guida che possono essere valide in tutti i casi.
Abbiamo detto: la scelta degli ETF permette di ridurre di molto i costi e di avere una buona diversificazione.
Un altro fattore che può impattare i nostri costi è il broker. Affidarsi a broker affidabili, regolamentati e che abbiano dei costi il più possibile ridotti.
Un altro punto legato ai costi, ma non solo, è quello di evitare di fare troppe transazioni, ricordando la questione del market timing. Oltre a non farci perdere i giorni migliori, stare investiti nel mercato ci permette di evitare di pagare ogni volta costi per comprare e vendere.
È anche preferibile scegliere prodotti ad accumulazione dei proventi. Soprattutto se siamo in una fase di accumulo del nostro capitale e quindi abbiamo altre fonti di reddito con cui coprire le spese correnti, avere della liquidità che costantemente ci viene distribuita, tassata e che dobbiamo poi nuovamente gestire è svantaggioso.
Per quanto possa essere psicologicamente utile avere una rendita costante dai propri investimenti, dal punto di vista fiscale è inefficiente.
I dividendi distribuiti dagli ETF sono infatti soggetti a tassazione immediata. Ciò significa che ogni volta che si riceve un dividendo, bisogna pagare le tasse su quell'importo. Questo riduce il capitale disponibile che può essere reinvestito.
Nel caso dell'accumulazione, invece, le tasse sulle plusvalenze sono pagate solo al momento della vendita delle quote, permettendo al capitale di crescere più rapidamente grazie al reinvestimento completo dei proventi.
Bene, siamo arrivati alla fine di questo articolo e spero che questi cinque principi da seguire sempre quando si investe ti siano stati utili.
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